Palazzo Riccio di Morana
Una storia di città tra fortune e declini
Il Palazzo ricordato come Riccio di Morana, dal nome della coppia che per prima lo elesse a propria dimora gentilizia, è uno dei più afascinanti del centro storico. Già nel 1621 era proprietà dei Morana che lo lasciarono in dote alla figlia quando andò in sposa ad uno dei Riccio. L’edificio subì diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli ma furono i Morana a far venire l’architetto Andrea Giganti, allievo di Giovanni Biagio Amico nel 1773, perché ne ridefinisse il prospetto secondo il gusto neoclassico anche se poco dopo dovettero cederlo ai padri agostiniani. Il prospetto mostra tre elevazioni limitate da grossi cornicioni, su cui si aprono numerose finestre e le porte a vetri sulla lunga balconata con ringhiera a petto d’oca del piano nobile la cui vetrata centrale è incorniciato da due statue raffiguranti l’una la ricchezza e l’altra la nobiltà. Ognuna delle vetrate su questo piano presenta inoltre altri decori scultorei sui cassettoni. Il timpano sul terzo livello incornicia lo stemma dei Riccio e sembra indicare il bordo ad attico sormontato da 10 sculture allegoriche rappresentanti le virtù. Varcato l’imponente portone di bronzo si giunge ad un atrio coperto da una volta a crociera decorata dallo stemma dei Baroni Adragna d’Altavilla che acquistarono il palazzo dalla famiglia Venuti, amministratori delle proprietà di Francesco I di Borbone, nel 1875. Oltre l’ingresso si apre il cortile con tre lati porticati sul piano terra e sul primo piano mentre il piano più alto ha un solo portico. Un’ampia scala con balaustra in ferro battuto conduce al piano nobile che si apre su una successioni di camere di rappresentanza l’ultimo salone mostra un preziosissimo pavimento di maioliche trapanesi mentre il soffitto è in stile Rococò con intrecci di ghirlande floreali. Alle pareti sono parecchi i dipinti raffiguranti paesaggi agresti e rovine romane appartenenti alla scuola del settecento napoletano. La sala Apollo, che si apre su via Garibaldi, rivela un soffitto con volta a plat-fond ornata da stucchi che incorniciano un affresco raffigurante appunto il carro di Apollo, probabilmente opera di La Bruna. Nel 1958 l’ultimo barone d’Altavilla, Francesco vendette il palazzo con tutti gli arredi alla Provincia regionale di Trapani. Si narra che con i soli mobili della sua camera da letto abbia potuto arredare l’appartamento in cui si trasferì.
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